Torna il Borsino granata di Carlo Quaranta: ecco chi sale e chi scende dopo il pareggio del “Grande Torino” contro l’Atalanta
E’ un Toro che non sa più vincere. Anche quando inizia sbuffando e caricando l’avversario fino a ferirlo con il gol nella prima mezzora. Magari si compiace troppo e pensa che sia sufficiente averlo tramortito ma in realtà adagiandosi presta il fianco al ritorno del rivale. Il bello (anzi, il brutto) è che tale problema si ripete ed anzi si aggrava dal momento che la durata della carica dura sempre meno: si è passati da un’ora a un tempo, fino ad arrivare a mezzora nell’ultima gara. E tralasciamo il fatto che al di fuori dei confini che ben conosce non carica nemmeno preferendo girare attorno all’avversario, magari aspettando la mossa sbagliata, e finendo fatalmente nello stesso modo, pareggiando quando va bene, perdendo il più delle volte.
Come un film già visto il Toro ripete sempre lo stesso copione, con gli stessi errori. Anche se è consapevole del suo problema non cambia strategia. Forse perché essendo testardo vuole averla vinta a modo suo. E così alle prime avversità (gol subito) risponde sempre allo stesso modo: nel tentativo di ritornare a caricare, toglie un centrocampista e aggiunge un attaccante. Il fatto è che questa soluzione non porta alcun risultato positivo rivelandosi vana se non controproducente poiché quando viene praticata il Toro ha già perso buona parte della sua energia e la volontà di ricambiare di nuovo le cose a proprio vantaggio non è sufficiente. Così, nel frattempo al problema psicologico si aggiunge anche quello fisico atletico.
Venendo alla partita di domenica, sono state evidenti le falle aperte nella mediana granata dal momento in cui i nerazzurri hanno preso coraggio e il pallino del gioco in mano, e tali falle sono divenute autentiche voragini soprattutto con l’ingresso di Kessié nella ripresa. Il centrocampo del Torino è stato dapprima sovrastato dall’impeto dell’ivoriano ben coadiuvato da Kurtic e Conti ed infine messo a ferro e fuoco quando è stato richiamato in panchina Valdifiori per far posto ad un disorientato Iturbe. Così, nonostante le ottime premesse, i granata sono andati più vicini a perdere che a vincere e così accadrà anche nel futuro prossimo se, pur capendo il problema, non si cambierà la strategia per risolverlo. In gioco c’è il futuro ma anche quelle basi che si erano costruite nel (recente) passato. Intanto un pezzo di cuore va via tra le lacrime, la gente del Toro è riconoscente verso chi ha dato tutto comportandosi sempre da persona e professionista irreprensibile: grazie di tutto, Peppino.
CHI SALE
VIVES: immenso Peppino. Pur senza giocare un solo minuto regala l’emozione più grande ai propri tifosi dai quali si congeda in lacrime salutandoli sotto la curva a fine match. Sei anni indelebili per un professionista esemplare a cui resta il Toro scolpito nel cuore.
HART: il migliore dei suoi. Decisivo in diversi interventi per salvare il risultato, sia nel primo che nel secondo tempo: le parate sul colpo di testa ravvicinato di Toloi, sui tiri di Gomez e di Petagna sono i suoi capolavori di giornata. Si rifà ampiamente della mezza papera dell’andata e dimostra di essere valore aggiunto.
BARRECA: sue le azioni determinanti del match: al quarto d’ora quando si invola sulla fascia e piazza un cross che Falque deve solo spingere in rete e nel finale quando mura la deviazione di Kurtic che avrebbe significato sconfitta certa. Nel mezzo buone chiusure e qualche difficoltà.
MORETTI: nella giornata di Vives, l’ultimo baluardo del Toro resta lui, in tutti i sensi. L’ultimo rappresentante autentico della squadra che ha inaugurato un nuovo ciclo, l’ultimo a difendere la porta di Hart con interventi straordinari su Petagna, l’ultimo a mollare. Un altro esempio a cui guardare.
FALQUE: torna al gol tanto atteso. In verità non disputa una partita memorabile e nella ripresa non lo si vede quasi mai. Ha il merito di un buon avvio coronato dall’incornata vincente (dopo aver fatto le prove generali alcuni minuti prima), poi un altro tentativo debole. Non ispirato nella fase di costruzione.
STABILI
LJAJIC: piccoli segnali di miglioramento ma ancora insufficienti: è più nel vivo dell’azione, qualcosa si costruisce, qualche recupero in fase difensiva, va al tiro e sfiora il gol su punizione ma ancora non è il calciatore decisivo che dovrebbe essere.
BELOTTI: non ha rifornimenti e deve cercare di inventarsi qualcosa da solo, come quel tiro a giro nel finale. Generoso come al solito, l’emblema della sua partita è il recupero su Kessie in scivolata, giornata più da mediano che da attaccante.
DE SILVESTRI: l’infortunio di Zappacosta gli regala possibilità di riscatto. Proprio la partita di andata contro i bergamaschi fu l’inizio della sua discesa che gli costò il posto. Gomez è sempre un cliente molto ostico ma l’ex Samp tiene bene la posizione e trova anche il tempo per qualche affondo. Va un po’ in tilt nel finale, come un po’ tutta la squadra.
VALDIFIORI: toccato duro dopo 2’, ne risente un po’ e sbaglia qualche lancio di troppo (indovina una sola verticalizzazione su Belotti nel s.t.). In fase di interdizione è troppo leggero e tende a giocare troppo basso non facendo salire la squadra. Nel suo ruolo dovrebbe essere più leader.
CHI SCENDE
BENASSI: il centrocampo è il settore più fragile e sotto accusa. E’ vero che a partita in corso ci pensa spesso Mihajlovic ad indebolirlo ma è altrettanto vero che chi gioca non fa molto per assicurare ciò che si chiede normalmente ad un calciatore in questo ruolo: interdire e costruire. L’ex Inter ultimamente è in modalità “compitino”.
ROSSETTINI: bene nel fraseggio e buona guardia difensiva per lunghi tratti di match. Rischia di farsi male seriamente ad inizio ripresa quando Kessie gli frana addosso ma continua a sbrogliare alcune situazioni calde fino a quando non cede permettendo a Petagna di girarsi e bruciarlo come aveva già fatto Icardi tre mesi fa. Dopo quest’episodio perde la bussola.
BASELLI: entra a freddo per sostituire Obi e lascia intravedere di poter essere all’altezza contro la sua ex squadra fermando benissimo Petagna in area granata e leggendo bene qualche trama avversaria. Poi si vede tutta la sua mollezza contro Kurtic e Kessie. Difficile pensare che sia distratto dalle recenti voci di mercato.
OBI: viene preferito a Baselli per dare più sostanza a centrocampo. L’avvio è promettente giacché il nigeriano anticipa bene, corre e non molla. Poi un’ingenuità con colpo di tacco a centrocampo e soprattutto la solita elongazione muscolare che ripropone i soliti dubbi circa la sua integrità fisica.
Di Cairetto ne ho tanto parlato anch’io. Questo passa il convento.. di Moratti innamorati del Toro non ce ne stanno. Il mister di quest’anno è un po’ capra ma ci mette molto impegno non ruba lo stipendio.. tolti 3 / 4 giocatori il resto sono molto modesti alcuni invece potrebbero… Leggi il resto »
Il Torino ritornerà Toro solo quando si smetterà in campo di pensare alle glorie personali.. finché si giocherà per se stessi e non solo per la squadra, la maglia e la sua gente non sarà mai vero Toro..Noi non pretendiamo i Platini miliardari in campo.. ma i Ferrini, i Cravero,… Leggi il resto »
Cairo vattene